Per riprendere il discorso: la salute non è l’assenza della malattia ma è un equilibrio che ci costruiamo e cerchiamo di mantenere giorno per giorno per portare avanti i progetti della nostra vita; i sintomi e le malattie sono un modo di comunicare del nostro corpo, un modo con cui esso ci dice qualcosa su come stanno andando i nostri progetti e noi con loro. Dobbiamo curarci per queste malattie, ma non ci dobbiamo scordare il messaggio che l’organismo ci sta dando. Pensiamo a quando facciamo uno sforzo muscolare e il giorno dopo abbiamo dei dolori: il corpo ci informa di essere andati al di là delle sue capacità di recupero e coi sintomi ci induce a riposare. Il nostro organismo può dirci qualcosa in due modi: con dolori e sintomi fisici o con sofferenza psichica e ansia. Quale dei due linguaggi sia più doloroso è difficile dirlo; nella mia esperienza le persone sarebbero sempre pronte a fare cambio, ma questo ci dice qualcosa su come la concentrazione sia più rivolta al dolore che al suo significato.

Ecco il problema del progetto. Sembrerà un po’ strano ma il nostro progetto non può essere lo star bene, questo semmai può essere un auspicabile stato di partenza. Tutti abbiamo progetti piccoli e grandi da portare avanti, cose da fare, ma tante volte non ci rappresentiamo pi? in un modo concreto la motivazione originale delle nostre scelte e dei nostri comportamenti ed è proprio la “motivazione” che si collega ai veri bisogni o ai desideri delle persone. In questo modo rischiamo di agire per inerzia in una specie di auto-condizionamento, senza valutare se quello che stiamo facendo ha ancora senso rispetto alle scelte che abbiamo fatto in passato, se risponde ancora o meno ai nostri bisogni o desideri. E’ là che confondiamo la salute con i nostri progetti.

Quello che sentiamo sono i sintomi e il dolore, che ci rendono infelici, ci fanno arrabbiare, ci bloccano nel portare avanti la nostra vita.. così ci concentriamo su di essi, ma è difficile che ci domandiamo se proprio quei “dolori” non siano una decisione che il nostro organismo prende, in una sorta di “attenzione superiore” per indicarci qualcosa. Uso la parola “organismo” per riferirmi sia al corpo che alla mente in una loro naturale relazione. Certo si possono intuire qui i temi dell’inconscio e della psicosomatica, ma preferisco usare in questa sede le parole di un mio amato professore, quando diceva che non esiste il fisico e lo psichico, sono una distinzione più o meno didattica: fisico e psichico sono diversi livelli di integrazione funzionale e di complessità, non c’è uno stacco. Quindi l’organismo nella sua integrazione mente-corpo ne sa di pi? di noi?!.. Certo, la nostra mente cosciente, la nostra percezione ordinaria delle cose sono un po’ come guardare in un binocolo: possono mettere a fuoco solo una parte per volta della realtà, dobbiamo spostare il binocolo per vedere qualcos?altro. L’organismo nella sua totalità ha invece una memoria molto più complessa, che non è accessibile ai normali processi cognitivi ed è fortemente collegata ai processi emozionali.

Ecco perchè nella sofferenza psicologica è importante ricollegare i sintomi attuali a eventi della vita, che spesso ci sono ignoti per naturali meccanismi di difesa. Meccanismi che ci hanno aiutato a superare certe situazioni in passato, ma che ora ci pongono dei limiti o determinano sintomi e dolori. Per fare questo ci vuole un coraggio particolare e difficilmente si riesce a percorrere questa strada da soli. Su questa strada però ci sarà possibile aprire spazi di cambiamento o adattamento dei nostri progetti, superando per esempio processi di autosvalutazione che sono tutti interni a noi anche se ci sembra che siano gli altri a condizionarci. Dobbiamo avvalerci di tutto ciò che la medicina ci mette a disposizione per stare meglio, ma senza rinunciare a pensare come il recupero della “salute” possa non essere la semplice cancellazione di un sintomo o guarigione da una malattia, ma qualcosa di più ampio che riguarda la nostra storia passata e futura. Quante volte, dopo una malattia, scopriamo qualcosa di noi che ci fa cambiare?