I titoli sono la parte più difficile di un articolo, ma con questo voglio prendermi la briga di far luce su un aspetto importante dell’adolescenza; un aspetto dell’adolescente che ce lo faccia osservare un po’ più incuriositi che allarmati.

Sono gli adulti che non capiscono i ragazzi o sono i ragazzi troppo esuberanti che non vogliono ascoltare o capire? Discorso quasi inutile. Ormai anche i genitori e gli adulti in genere hanno già sentito che bisogna ricordare la propria adolescenza per capire qualcosa dei ragazzi di oggi e sviluppare una certa empatia. Ma anche qui intercorrono nuovi problemi; per esempio l’uso normale tra i giovani di nuove tecnologie e il modo in cui vi si sanno presto adattare rispetto agli adulti: come l’uso di computer e smartphone con applicazioni che la grande maggioranza degli adulti non conosce o non usa, e da cui molti genitori si sentono tagliati fuori. Ma cosa bisogna ricordare della propria adolescenza? Quello che voglio proporre qui è un’attenzione al reale smarrimento dell’adolescente di fronte alla vita. Certo alcuni non appaiono così “smarriti”, ma se dei ragazzi risolvono abbastanza bene l’equazione del “chi sono/cosa faccio”, la maggioranza ha bisogno di tempo e di fare dei tentativi, provare dei modi, degli stili, fare delle prove di vita. Perchè questi ragazzi sono smarriti? Li vediamo ora abulici ora aggressivi, ora ossessionati da nuovi miti ora cambiare idea da un giorno all’altro, ora chiudersi in sè. Il fatto è che l’adolescente si trova ad affrontare un futuro che non conosce, ma con le emozioni e il pensiero di un bambino o ragazzino. Mi spiego: anche l?adulto si trova a fare delle scelte su un futuro nuovo, su situazioni che non conosce, ma può basarsi sull’esperienza passata sempre da adulto, con un pensiero formato e una vita emozionale sperimentata. Qual è l’esperienza passata di un quindicenne?.. Al di là di certe situazioni particolari è quella di un bambino. Certo lo sviluppo neurobiologico aumenta le sue capacità, ma sono ancora nuove.

Questo rende difficile rappresentare sè stessi nel futuro come è abituato a fare un adulto, è difficile per l’adolescente immaginare il peso delle soddisfazioni e delle delusioni come se le rappresentano i loro genitori. E questo è un problema dello sviluppo cognitivo ed emozionale su cui l’intervento educativo-affettivo delle famiglie è assolutamente necessario. Ma attenzione, lo smarrimento dei ragazzi è spesso travestito da atteggiamenti e comportamenti di ogni genere, indisponenti o anche pericolosi; è dietro questi comportamenti che il genitore non deve rinunciare a cercare il figlio smarrito. Il meccanismo per l’adolescente è quindi quello di costruire la sua identità, ma come abbiamo detto, a partire da strumenti in genere fisiologicamente insufficienti ed è per questo che deve fare degli esperimenti. Noi dobbiamo vedere i loro comportamenti come esperimenti senza spaventarci e senza, peggio ancora, ignorarli; dobbiamo discutere con i ragazzi dei loro esperimenti e dei loro risultati con pazienza e vero interesse, perchè per loro l’esperimento è realtà.

Educare un adolescente è difficile, soprattutto perchè ci contagia col suo smarrimento che come abbiamo detto può essere nascosto. A volte è nascosto da comportamenti dannosi per la salute come negli abusi di sostanze, altre volte da comportamenti dannosi per la vita sociale (delinquenza e devianza), ma spesso lo smarrimento si esprime nel calo del profitto scolastico. Ciò rende i ragazzi sempre più tesi e sintomatici sia a livello di comportamento che di disturbi complessi come ansia e vari problemi psicosomatici, fino all?anoressia/bulimia. Noi pensiamo al ragazzo che non capiamo, ma non pensiamo al modo in cui non sta capendo lui, perchè non ne ha i mezzi e non lo sa, può solo provarci e se noi ci siamo e lo incoraggiamo a sperimentare nelle cose buone, anche se non sono quelle che piacciono a noi, diventiamo un po’ un’équipe di ricerca.. e lui non fa lo “scienziato matto!”. Ci vuole il coraggio di educare, che vuol dire “condurre a..”, accompagnare l’adolescente, esserci per lui anche se quando era più piccolo non siamo stati molto presenti o incisivi; è dura ma è un buon momento per recuperare. Al giovane che se ne va sbattendo la porta bisogna dire: “Forse non riesco a capirti ancora, ma sarà qui ad aspettarti quando tornerai”.. Magari per parlare dei risultati dei suoi esperimenti.