Le persone vengono in terapia perchè non stanno bene; hanno dei problemi: sono depresse, ansiose, malattie resistenti, ecc.., ma quando vengono lamentano dolori, insonnia, tristezza, rabbia verso qualcuno, ecc.. Pu? sembrare curioso ma chi si lamenta per qualcuno pu? essere che sia depresso, ansioso o ossessivo, e può darsi anche che ci sia davvero qualcuno o qualcosa per cui lamentarsi. Quello che manca è la capacità di valutare le proprie oggettive responsabilità in ciò che accade, quanto cioè c’è di sè nel “filtrare” la realtà per renderla più accettabile. Dall’altra parte ci sono persone ansiose che invece sono vittime di una situazione reale come per esempio il controllo, il condizionamento, la violenza, la mentalità, ecc.. In questo caso il “filtro” funziona nella direzione inversa cercando di rendere più accettabile la realtà interna, ma per non andare in pezzi l’organismo è sottoposto ad alti livelli di tensione, che sono poi le sensazioni sgradevoli dell’ansia.

Certo questo può far chiedere dove sia il bandolo della matassa: cosa sia la malattia, lo star male. E? una causa o un effetto di qualcosa? E? tutte e due. Noi siamo costantemente immersi in reazioni di tipo circolare: nei sistemi del nostro corpo come per esempio il sistema nervoso o quello endocrino.. e il sistema digestivo?.. Uno studioso tanti anni fa diceva: “sono arrabbiato perchè ho il mal di stomaco o ho il mal di stomaco perchè sono arrabbiato?”. Poi queste reazioni circolari escono dal nostro corpo con i nostri atteggiamenti e comportamenti ed entrano nel mondo delle relazioni, determinando a loro volta delle risposte.. e così via. Dove inizia quindi il problema?

L’approfondimento di questo tema richiederebbe molto più dello spazio che voglio dedicarvi qui e diventerebbe anche pesante, per cui riattacco dall’inizio. Perchè le persone vengono in terapia? Da quanto detto sembrerebbe che vengano per una cosa, che poi alla fine è un’altra.. In effetti è spesso così, anche se la realtà delle persone porta con sì una complessità sempre degna di rispetto e non facilmente riconducibile a letture schematiche. Però è vero che per risolvere il problema bisogna individuarne l’inizio, ma il trattamento può procedere su diversi punti della circolarità stimolo-risposta/sintomo-malattia che ha determinato la sofferenza. Per esempio se un adolescente viene portato in terapia dai genitori per crisi aggressive, si può cominciare a trattare il caso da diversi punti interconnessi nel problema. La consulenza psicologica per i genitori smarriti (si lavora sull’ambiente relazionale); l’analisi cognitivo-comportamentale degli atteggiamenti del ragazzo (si lavora sulla dimensione interna al soggetto); la terapia di rilassamento (si lavora sul corpo). Da tutto ciò emergerà per tutti la consapevolezza della circolarità delle relazioni.

Le cose si ingrandiscono? No, le persone sono tutte importanti e meritano attenzione sempre particolare e allora il fine è che tutto questo: la malattia, i sintomi, le cause, gli effetti, etc. “abbiano un senso” per l’individuo. Le persone mi chiedono: “Dottore mi aiuti a togliermi questa o quest’altra cosa”, “Mi aiuti a stare bene”; e quando io domando loro: “Perchè” mi guardano in un modo strano. E la mia domanda è: “E quando stai bene che cosa vuoi fare?”; qualcuno lo sa, molti no, e mi guardano in un modo ancora più strano. La salute non è l’assenza della malattia ma è un equilibrio che ci costruiamo giorno per giorno per portare avanti i progetti della nostra vita; i sintomi e le malattie sono un modo di comunicare del nostro organismo, e dobbiamo curarci per queste malattie, ma non scordiamoci il messaggio, la comunicazione che il linguaggio del corpo per quanto primordiale e in certi casi pericoloso per la vita, comunque ci sta dando.