Nel 1994 durante la guerra di Bosnia, ero con gli amici del centro “La Rosa” di Nibionno a Slavonsky Brod, una grossa città bombardata della Croazia nella profonda Slavonia orientale. Col gruppo di volontari avevamo stabilito un gemellaggio con una scuola speciale e avevamo spedito via Tir parecchio materiale. Durante un pranzo con direttori, insegnanti e personale della scuola abbiamo parlato di volontariato, volevano sapere chi fossimo e perchè facevamo questo. Avremo parlato per tre ore, ma alla fine ci siamo accorti che non avevano capito. Non avevano questo concetto, il volontariato collegato alla gratuità. Perchè probabilmente i retaggi del comunismo reale di quei luoghi, dove ancora le istituzioni funzionavano così, abbracciava in un’ottica cooperativa i bisogni delle persone per cui non c’era bisogno che “terzi organizzati” fornissero dei servizi. Almeno questo è quello che abbiamo concluso noi riflettendoci. Con questo esempio mi voglio riferire al fatto che la “visione delle cose“, nonostante nella nostra percezione certi aspetti della realtà ci siano completamente chiari, possono non esserlo assolutamente per qualcun altro, come in questo esempio riferito ad un?altra cultura che poi non è proprio lontanissima da noi. Da qui a comprendere che anche tra gli individui della stessa cultura cogliere i concetti non voglia dire condividere le stesse percezioni e la stessa realtà, il passo non è lungo.

Restando all?osservazione del concetto di “volontariato”, ho visto crescere in tanti anni molti volontari: certe persone sono dei fondatori, sono individui unici che hanno fatto dell’opera di volontariato un impegno nella propria vita per il bene degli altri; alcuni hanno vissuto e compenetrato il volontariato facendolo diventare una fonte di espressione e di crescita personale; altri lo vivono tutt’ora godendone alcuni aspetti di condivisione con gli ospiti di un servizio o con gli altri volontari mostrando un arricchimento della propria socializzazione; altri pur effettuando da tanti anni il servizio di volontariato, non mostrano nessun cambiamento nè in sì nè nel modo di impegnarsi nell’opera che pur svolgono con diligenza e attaccamento; altri ancora sono sempre convinti di essere lì è per aiutare? chi ha bisogno e in questo modo, pur svolgendo il loro servizio, sono impermeabili ad un vero interscambio di qualità affettiva. Sono quelli che si accorgono di meno che invece di dare, prendono.

Vediamo così almeno cinque tipi di volontari che vanno da un alto livello di crescita personale nel servizio, ad una assenza di crescita. Qui non vengono espressi giudizi di valore: le persone sono diverse e vivono le cose della vita in modo diverso; le associazioni di volontariato devono essere contente di poter svolgere il proprio servizio con tutti questi tipi di persone. Certo c’è anche la formazione e questa qualcosa fa nel senso della crescita delle persone, soprattutto nell’occasione di momenti conviviali e di socializzazione. Ma il concetto a cui voglio arrivare è un altro. Se difatti descriviamo almeno cinque possibili suddivisioni dei volontari in termini di maturazione nel servizio, possiamo anche vedere come il volontariato possa essere nella vita delle persone uno strumento di cambiamento e di maturazione personale. Voglio qui aggiungere che maturazione vuol dire anche maggior consapevolezza e benessere personale, quindi anche la gioia di vivere e finanche la salute sono influenzate dall?essere volontario. (vedi per questo anche l’articolo su “le persone con disabilità”)

Una doverosa osservazione va fatta a riguardo degli ambiti di intervento del volontari; non tutto è accessibile a tutti. C’è da dire che in genere le persone vengono attratte nelle loro scelte da ambiti di volontariato più vicini al loro modo di essere e alle loro esperienze, anche se qualche volta non è così e si può creare qualche problema. Ma in effetti se consideriamo come punto di riferimento il “carico emotivo” di certi servizi, possiamo farcene un’idea a scalare anche se non possiamo approfondire qui tutte le implicazioni, che comunque sono intuibili: per esempio il volontariato nella tossicodipendenza è scarso e molto difficile; nella psichiatria comincia ad andare meglio ma siamo sempre su alti carichi emotivi; l’infanzia disagiata è più accessibile, l‘adolescenza un po’ meno; poi ci sono la disabilità, gli anziani, l’ecologia, la cultura ecc..

Insomma credo sia interessante notare come il volontariato possa essere fonte di crescita e di maturazione all’interno dello stesso servizio, come in una ideale carriera affettivo-emotiva, oppure in base agli interessi e il grado personale di carico emotivo determinare la scelta di un ambito piuttosto che un altro; con questo non voglio affermare che non si possano raggiungere alti livelli di emotività nell’ambito ecologico o culturale, ma le distinzioni di cui sto parlando hanno la loro evidenza. In sostanza, agli occhi dello psicologo e dello psicoterapeuta il volontariato appare come un reale, possibile strumento di crescita ed è una cosa che, in relazione a quanto detto qui, ho consigliato spesso ai miei pazienti.