Negli ultimi 10 anni gli studi sul cervello ci dicono che il suo funzionamento è basato sulla “plasticità“. Cioè sulla sua capacità di adattarsi, di creare nuovi collegamenti tra le sue cellule e nella sua chimica. I pensieri, i sentimenti, le nostre reazioni modificano costantemente il cervello. Così i traumi psicologici dell’educazione e le esperienze negative della vita creano cambiamenti nel cervello.
Su questi cambiamenti, che causano disturbi psicologici più o meno gravi, agiscono i farmaci ma allo stesso modo e sugli stessi circuiti del cervello agisce la psicoterapia. Se per esempio abbiamo fatto esperienze di forte dolore, di fronte a minacce possibili il nostro corpo si predispone a sentire molto dolore, ed entra in allarme attivando circuiti specifici nel cervello che possono causare sintomi vari. Quindi qualcosa che c’era “prima” influenza il modo di sentire “dopo”. Noi possiamo cambiare chimicamente con i farmaci questi circuiti del cervello, oppure con la psicoterapia possiamo rielaborare le esperienze traumatiche di dolore, ottenendo la stessa modificazione di tali circuiti della mente-cervello. Anche se è ancora un po’ presto, andiamo decisamente verso una medicina che non potrà più vedere una persona con la sua malattia, senza considerarla anche rispetto all’ambiente in cui ha vissuto e in cui vive.