Il tema è complesso e semplice a seconda del coraggio con cui lo vogliamo affrontare: la complessità è data da tutto ciò che c’è “prima” di un evento tanto tragico e la semplicità sta purtroppo nell’assoluta gravità e nel dolore del “dopo”. I genitori preoccupati devono avere il coraggio di parlarne prima e “prima” si può fare molto, parlare delle cose non è farle o provocarle, parlare delle cose è stemperare le tensioni anche più gravi e cominciare ad affrontare i problemi.

Qualche dato recente. In Italia sono documentati 10 suicidi al giorno e di questi 1-2 sono adolescenti. Il suicidio è la terza causa di morte in Europa e negli Stati Uniti tra i 15 e i 24 anni dopo gli incidenti stradali e l’omicidio (molti incidenti stradali possono ritenersi suicidi mascherati). in Italia i dati parlano di un aumento del 13% negli ultimi trent’anni, passando, secondo dati Istat, dai 67,8 casi di suicidio di adolescenti per milione del 1973 ai 76,7 del 2002. Più frequente nei maschi e più al Nord che al Sud, con aumento maggiore nella fascia tra i 15 e i 19 anni. Se guardiamo un altro dato, ancora americano, vediamo che nel 2000 negli Stati Uniti sono segnalati 2 milioni di tentativi di suicidio, 700.000 richieste di cure e 2.000 suicidi. Parliamo quindi di un evento raro sì, ma drammaticamente presente. La freddezza di questi dati ci deve però portare a riflettere su cosa essi esprimono e sull’angoscia in cui si trovano i giovani e le loro famiglie quando si parla di minacce o di casi di tentato suicidio. Dimostrativo “Forme estreme di comunicazione” Due cose certe: chi minaccia il suicidio non sempre lo compie, ma coloro che si sono suicidati l?hanno sempre in qualche modo comunicato prima. Questo ci fa capire che il tema non va trascurato e che dobbiamo affrontarne le paure connesse.

Come possiamo cogliere le minacce di suicidio? Ci possono essere comportamenti sospetti o allusivi, come vagare lungo un fiume; oppure discorsi ambigui su lunghi viaggi, sullo smettere di soffrire o di dare fastidio, ecc… I giovani pensano o attuano condotte suicidali perchè i problemi che stanno vivendo sembrano impossibili da risolvere e li sopraffanno. Non vedono alcuna soluzione o cambiamento possibile e precedenti tentativi di affrontare i problemi hanno fallito o peggiorato le cose. Non contano tanto i problemi in sè ma come i ragazzi li vivono, i loro sentimenti e soprattutto le loro opinioni. Ma con pazienza le opinioni possono cambiare. “Se gli parlo del suicidio glielo metto in mente…”, questo non è vero: un ragazzo a rischio questa idea ce l’ha già in testa. I dati di una ricerca del 2006 in Lombardia su un campione anonimo di 2.312 studenti delle scuole superiori, dicono che il 12% dei ragazzi intervistati afferma di pensare al suicidio, il 10% di essersi fatto intenzionalmente del male o di aver tentato il suicidio, mentre, sulla base della scala di valutazione del rischio suicidale, il 7% del campione mostra un livello di rischio elevato in termini di propensione al suicidio.

Ma ritorniamo a noi, per un ragazzo a rischio sapere che qualcuno sa dei suoi pensieri, un amico un genitore o un parente, può essere in alcuni casi già una liberazione. Non bisogna avere paura di affrontare l’argomento, con delicatezza e rispetto ma anche con franchezza. Parlarne può solo aiutare il giovane a non realizzare l’idea che ha già in mente. Depressione e disperazione sono in assoluto gli elementi centrali associati al suicidio. La sindrome depressiva va trattata con cure mediche e psicologiche. Un problema serio, un trauma o un lutto non portano in genere al suicidio in assenza di depressione. La depressione non curata è sempre associata al suicidio, anche se tante volte è la rabbia che, soprattutto nei maschi adolescenti, dapprima rivolta verso gli altri viene poi indirizzata verso sè stessi.

Gli adulti fanno fatica ad accettare le motivazioni per cui un adolescente si suicida, ma queste motivazioni fanno parte della realtà per come la vive il ragazzo. I motivi per cui un adolescente pensa al suicidio sono legati alla sua vita famigliare per esempio nei rapporti di autorità coi genitori o in relazione a punizioni; alla vita scolastica in merito al profitto e alle bocciature; alla vita sentimentale nelle frustrazioni amorose; l’abuso di alcool, farmaci o sostanze aggrava sempre il rischio suicidale. Ricordiamoci però che questi elementi per essere scatenanti sono in genere inseriti in una dinamica depressiva che può essere anche mascherata e determinare una fragilità di fondo, a cui bisogna prestare attenzione. E’ importante un primo aiuto da parte del genitore, dell’amico o del parente perchè l’aiuto professionale in questa prima fase è visto come lontano o è troppo lontano. Ma subito dopo è necessario cercare un aiuto per affrontare la dimensione depressiva e le dinamiche psicologiche connesse alle idee di suicidio. Difatti negli ultimi vent’anni si tende a parlare di “comportamento suicidale” per indicare che il gesto ultimo è inserito in comportamenti e atteggiamenti che si possono vedere nel tempo: minacce sè, ma anche la tendenza a farsi male con ricoveri al pronto soccorso, l’evitare di curarsi, l’uso di sostanze; tutto ciò che in modo magari più o meno velato mostra una ridotta attenzione alla vita. Si prenda quindi l’iniziativa se si ritiene che un ragazzo stia pensando al suicidio. Se si offre aiuto senza essere ansiosi o intrusivi, con rispetto, semplicità e in modo diretto, è difficile offendere o avere un rifiuto irritato o aggressivo, anche se ci si è sbagliati sulle vere intenzioni del giovane. Il suicidio adolescenziale è qualcosa che colpisce e sconcerta, ma si può fare molto per evitare il peggio e in tanti casi si può rendere più belli e profondi i rapporti: meglio la paura di un’ipotesi esagerata o sbagliata che il dolore sordo del dopo.